Da “Il Gazzettino” del 03/05/1999
“Egregio Sacerdote,
La ringrazio per il Suo interesse alla mia Rubrica di Sessuologia. Deve sapere che, per chi tiene una Rubrica su un organo di stampa, una difficoltà è quella di dover sintetizzare al massimo, per motivi di spazio.
In un mio precedente articolo ho fatto l’elenco del disturbi sessuali e dei comportamenti sessuali abnormi o particolari, che rientrano nell’ambito della Sessuologia medica. Quando ho messo l’omosessualità tra i disturbi dell’identità sessuale, intendevo riferirmi a quelle forme di omosessualità cosiddette “egodistoniche”, cioè mal tollerate dall’io del soggetto. Sono d’altronde le uniche per cui noi Sessuologi veniamo interpellati. Ovviamente, quelli che come Lei sono, per citare le Sue parole, di “lingua madre” e “felicemente” conviventi con tale tendenza, non hanno alcun disturbo per venire a consultarci; è questa l’omosessualità “ego-sintonica.”
Da dire subito che esistono poi diverse forme, gradi ed espressioni di omosessualità: ci può essere solo la “tendenza” all’interesse erotico e sessuale verso il proprio sesso – e questo mi pare il Suo caso – e ci può essere anche la “realizzazione pratica” di tale tendenza. Quando non c’è la realizzazione pratica ciò può essere per “repressione” educativa o sociale, o per “sublimazione” dell’istinto.
L’omosessualità (maschile o femminile) può essere “latente”, cioè esistere all’insaputa dell’individuo che però trova grosse difficoltà ad esprimersi nei comuni comportamenti eterosessuali, o “consapevole” e quest’ultima, a sua volta egodistonica o egosintonica, come già detto.
L’omosessualità può essere favorita da particolari condizioni di vita: (carcerati, comunità, ecc.) ed in tal caso può essere anche “occasionale”, contingente.
L’omosessualità può anche coesistere accanto a comportamenti eterosessuali (bisessualità).
Sulle cause, sul perché dell’omosessualità, si sono fatte varie ipotesi, sia di natura biologica che psicologica e sociale.
Sempre per motivi di spazio, ne parleremo la prossima volta.”
Continuiamo a parlare della Omosessualità, argomento importante, ricco di connotazioni sessuali, psicologiche, sociali.
Da dire intanto che “omosessuali si è”, nel senso che non è stata data una risposta definitiva, scientifica, se si nasce o si diventa.
Nel 1991 l’Organizzazione Mondiale della Sanità decideva di eliminare l’Omosessualità dall’elenco delle malattie. E’ da considerare quindi come una “variante” del normale comportamento sessuale, intendendo per tale quello eterosessuale, almeno come “percentuale”, ed anche come “finalità”, procreativa, della sessualità. Ma, a questo ultimo proposito è da dire subito che la finalità procreativa della sessualità e oggi… un “optional”; i vari metodi anticoncezionali odierni, in primis la pillola antifecondativa, hanno fatto sì che la procreazione sia una “finalità” solo se voluta e che quindi possa anche essere esclusa, pur non rinunciando ad una attività sessuale che, quindi, si è spostata, come finalità, alla sfera del piacere e del completamento dell’esistenza umana.
L’omosessualità non è solo una pulsione sessuale verso persone dello stesso sesso; essa implica anche una forte componente psicologica e affettiva; l’omosessualità, (come l’eterosessualità), può essere “anche” amore: un uomo che ama un altro uomo o una donna che ama un’altra donna, senza per questo voler modificare il proprio genere. Questo ultimo aspetto, invece, detto per inciso, è ciò che caratterizza il transessuale, che si sente in un corpo sbagliato e che quindi vuole modificarlo (ne parleremo in un prossimo articolo).
Per tornare agli omosessuali, questi – in genere – evidenziano precocemente la preferenza sessuale per persone del loro stesso sesso. L’orientamento, che già tra i 3 e i 6 anni comincia a dare i primi segnali, si manifesta in maniera più marcata durante il periodo adolescenziale. A volte tale orientamento è transitorio, a volte presenta componenti bisessuali, a volte diventa esclusivo e definitivo.
L’omosessualità si ritrova in tutte le epoche storiche ed in tutti gli strati sociali; da sempre si è cercata una spiegazione al “perché” della omosessualità, e di ipotesi ne sono state formulate tante, ma la verità scientifica, se esiste, è ancora da scoprire: c’è l’ipotesi genetica, con studi su eventuali alterazioni o differenze cromosomiche e quindi su base ereditaria, e a tal proposito, si sono presi in esame i gemelli omozigoti (nati da un unico uovo fecondato) e dizigoti (da due ovuli diversi): i risultati non sono stati chiari ed univoci.
C’è l’ipotesi biologica: alcune cellule del cervello maschile e femminile presentano dimensioni diverse e si è cercato di vedere come fossero queste dimensioni negli omosessuali, ma anche questi studi non hanno portato a conclusioni scientifiche.
Anche l’ipotesi endocrinologica, cioè di squilibri ormonali, non ha approdato a risultati certi.
Ci sono poi le ipotesi psicoanalitiche, che riconducono tutto al “Complesso di Edipo”; e quelle comportamentistiche, che ipotizzano avvenimenti che nell’età evolutiva possono avere potenziato o scoraggiato un comportamento sessuale piuttosto che un altro.
Nell’omosessualità, come anche d’altra parte nell’eterosessualità, ci sono dei percorsi e degli aspetti psico-sessuali e psicosociali comuni ai due sessi e degli aspetti di diversità.
Ne potremo parlare in un prossimo articolo.