Da “Il Gazzettino” del 06/10/2000

Ho parlato tempo addietro di tale argomento in risposta ad una lettera di una ragazza che con un super-allenamento di parecchi mesi in palestra aveva avuto un calo del desiderio sessuale e aveva saltato alcune mestruazioni.

Ne riparlo adesso perché sabato ultimo scorso ho partecipato ad un Convegno su tale argomento, a Verona, organizzato dal dottor Giorgio Piubello coordinatore della Sezione triveneta della Società Italiana di Andrologia.

E’ stato molto bene organizzato, con la partecipazione di medici andrologi, medici sportivi, endocrinologi, urologi.

Il primo aspetto trattato, molto interessante, è stato quello della prevenzione in campo andrologico: si deve “approfittare” della visita sportiva, obbligatoria per lo sport agonistico e sempre consigliata anche per una semplice attività sportiva, per scoprire eventuali patologie, prima fra tutte il varicocele, che incide sulla fertilità dell’uomo e che, se non trattato, peggiora con una attività sportiva. Si possono poi scoprire altre malattie, tipo testicoli ipotrofici o ritenuti, ed ancora fimosi, infezioni varie dell’apparato sessuale maschile. Si possono evidenziare aspetti di costituzione corporea che mettono sull’avviso di possibili squilibri endocrini. Il medico sportivo, che farà il primo “screening”, segnalerà al collega andrologo i casi sospetti che saranno o scartati dalla possibilità di un’attività sportiva impegnativa o, per i casi più lievi, soltanto monitorizzati e rivisitati periodicamente.

Come ho spesso detto da questa mia Rubrica, il medico andrologo deve diventare per l’uomo quello che è il medico ginecologo per la donna. Questo purtroppo ancora non è, vuoi per una carenza numerica di medici che operano in tale settore, vuoi per una certa confusione tra andrologia-urologica e andrologia medica anche perché dal 1993 non c’è più una specializzazione in Andrologia essendo oggi questa legata all’Endocrinologia tanto che si sente urgente l’esigenza di istituire una nuova specializzazione autonoma in Andrologia, vuoi perché l’uomo ancora “si vergogna” di certi suoi disturbi molto più della donna che invece considera il ginecologo come importante figura professionale di riferimento dall’inizio delle mestruazioni alla fine delle stesse ed anche nelle varie fasi o avvenimenti della sua vita sessuale: gravidanze, presidi anticoncezionali, terapia ormonale sostitutiva dopo la menopausa , ecc.

Mi sono dilungato su tale importante aspetto, e lo spazio è tiranno, per cui accennerò soltanto agli altri, tutti importanti, problemi trattati.

Bisogna innanzi tutto fare una differenza tra una semplice ed equilibrata attività motoria, sportiva, sempre utile e quasi sempre possibile ed una attività sportiva professionale e competitiva o una attività di palestra e di pesi fatta in maniera esagerata più per stupido narcisismo di apparire con muscoli ipertrofici, a dire il vero neanche belli a vedersi.

Questi ultimi due tipi di attività sportiva impegnativa possono creare problemi alla salute in generale ed alla sessualità in particolare; anche perché, purtroppo, spesso si associano farmaci anabolizzanti ed anche dosi esagerate di integratori proteici. Già lo stesso stress fisico comporta uno squilibrio dell’asse ipofisi-gonadi, con un calo sia della sessualità sia della fertilità, figuriamoci poi se questo è associato a tali farmaci.

Mi sembra interessante trattare in questa Rubrica due telefonate pervenutemi tramite il Servizio del Gazzettino “Il Sessuologo risponde”.

Una è di una giovane signora che mi dice di avere una relazione con incontri saltuari da quasi un anno con un uomo anch’egli sposato. Mi dice che questi ha con lei sempre e soltanto rapporti di masturbazione ed orali. L’uomo giustifica questo dicendole che così facendo gli sembra di non tradire completamente il vincolo matrimoniale di entrambi, mentre il rapporto sessuale completo sarebbe più coinvolgente e quindi “tradimento completo”.

Quasi simile il discorso di una ragazza: con un giovane appena conosciuto in ferie si lasciò andare a rapporti orali. Era in crisi con l’uomo che fino a due mesi prima diceva di amare e di voler fare con lui una vita insieme.

Come ho già detto direttamente alle interessate, io credo che questi comportamenti, al di là di ogni aspetto morale che ognuno è libero di valutare personalmente, siano comunque da considerare come veri e propri rapporti sessuali; credo che, specie i rapporti orali, siano da considerarsi più intimi e più coinvolgenti ancora di un normale rapporto sessuale. Credo poi che il considerarlo un “mezzo tradimento” sia solo un sentirsi “per metà a posto” con la coscienza o che nasconda delle paure o delle insicurezze, e con tale ultimo aspetto si entra nel vivo della materia sessuologica; la giustificazione dell’uomo potrebbe nascondere in lui la paura del rapporto completo: alcuni uomini, infatti, soprattutto per ansia situazionale o da prestazione, hanno un calo dell’erezione al momento della penetrazione e non durante i cosiddetti preliminari o con rapporti alternativi; ed anche alcune donne possono avere delle difficoltà nel rapporto completo, tipo scarsa lubrificazione e quindi rapporto doloroso; esse quindi si concedono più facilmente in rapporti alternativi.

Ci può essere anche paura di malattie sessualmente trasmesse col rapporto completo non protetto o mal protetto, o paura di procreazione indesiderata.

Sulle malattie sessualmente trasmissibili c’è scarsa o errata informazione, in quanto è da considerare che, sebbene in misura minore, queste sono possibili anche con i rapporti orali; tanto è vero che le “professioniste del sesso” impongono ai clienti il preservativo anche nei rapporti orali.

Per la paura di gravidanza anche il preservativo ha margini di rischio; se si vuole avere la massima sicurezza altro non c’è che la pillola anticoncezionale o l’astensione dai rapporti completi.

Egregio dottor Mercuri, “sono una ragazza di 29 anni, ho avuto alcuni ragazzi con i quali ho fatto l’amore. Con l’ultimo, da circa un anno, mi trovo bene, ma mi irrita perché spesso insiste che io debbo avere l'”orgasmo simultaneo”. Mi dice: io cerco di durare a lungo e mi costa anche concentrazione, cerca di venire anche tu contemporaneamente a me. Io sono molto seccata di queste sue pretese e mi accorgo che mi sto bloccando, anche perché una volta mi ha detto che le precedenti sue fidanzate erano riuscite”.

Cara signorina,

Le dò ragione. Può senz’altro dar fastidio sentirsi obbligate, quando si fa l’amore, a dare o a ricevere o a rispondere in un determinato modo. Ma ciò che è maggiormente irritante è sentirsi paragonare, in peggio, a precedenti esperienze con altre ragazze.

Per ciò che riguarda poi l’orgasmo femminile, questo è variabile non solo da donna a donna, ma anche nella stessa donna di volta in volta. Variabile nei tempi necessari perché avvenga, nei modi, nell’intensità, nel numero. Il fatto della “simultaneità”, deve considerarsi un aspetto secondario. Può qualche volta, per caso, avvenire, succedere, ma è meglio non ricercarlo, perché intanto fa perdere spontaneità al rapporto e poi è da dire che l’orgasmo avviene perché ad un certo punto del piacere ci si lascia andare, ci si perde in un momento quasi magico e quindi in quei momenti non si è vigili, non ci si accorge quasi più dell’altro. Se ci si preoccupa dell’orgasmo proprio o dell’altro, esso può anche svanire e ciò accade spesso alle donne.

L’unica cosa buona che fa il suo ragazzo è che cerca di durare parecchio. Non dovrebbe però rinfacciarLe che ciò gli costa concentrazione, anche se ciò può essere vero nel senso che alcuni uomini debbono controllarsi per non avere una eiaculazione troppo rapida.

L’uomo, se vuole far partecipare appieno la sua compagna, deve soprattutto saper creare una situazione erotica e rilassata nella quale ci si trovi entrambi bene, ed in tale situazione psicofisica cercare di fare parecchi preliminari, indispensabili soprattutto nella donna; il resto del rapporto sarà allora di volta in volta variabile ma sempre appagante per entrambi.

Da “Il Gazzettino” del 21/09/2000

Ricevo una lettera che riporto nei punti più significativi.

“Gentile dottor Mercuri, sono una ragazza di 28 anni. Non riesco più a innamorarmi… dopo tre mesi sono già stufa… in realtà questo mi succede da qualche anno, dopo un amore finito, per il quale ho tanto sofferto… mi ha lasciata lui, ma in realtà la storia dopo tre anni non funzionava più…”.

Gentile signorina,

il non riuscire ad innamorarsi il più delle volte nasconde la paura di innamorarsi; ed è questo un problema per molte persone, specie donne.

La prima età in cui si assiste alla nascita di questo bellissimo sentimento è quella dell’adolescenza, sotto la spinta di fattori soprattutto ormonali che portano evidenti cambiamenti fisici e psicologici e per una maggior frequentazione di ambienti esterni alla famiglia. L’innamoramento necessita di due elementi: uno interno che riguarda noi stessi, il nostro io, ed uno esterno che consiste nel trovare la persona adatta a noi, che presenti cioè quelle caratteristiche per le quali ci sentiamo attratti e che risentono delle nostre motivazioni inconsce. Il non riuscire ad innamorarsi può essere legato al timore inconscio di crescere, di dover abbandonare l’infanzia, vissuta come protezione o anche alla paura di affrontare alcune difficoltà di relazionarsi nella coppia e dell’impegno di mantenere la relazione stessa che può presentare delle obbiettive difficoltà.

Molti hanno timore di ri-innamorarsi, specie se sono stati lasciati dal partner, paura che questo si riverifichi e quindi di soffrire ancora. Ma, passato un certo periodo di tempo, variabile da persona a persona, rielaborata l’esperienza dolorosa, riesaminati con obbiettività i motivi della separazione, se le proprie capacità relazionali sono normali, allora sarà naturale che ci si innamori nuovamente.

Al di là delle paure consce o inconsce che, come detto, molto spesso sottendono alla incapacità di innamorarsi, alcune persone hanno quasi una ossessività di perfezionismo, nel senso che attendono “l’anima gemella”, il compagno perfetto, “il principe azzurro”. In tali casi c’è un aspetto di personalità con scarsa attinenza alla realtà per quella che è; ma anche questo aspetto, a ben guardare, è pur sempre legato a una paura, quella di sbagliare a scegliere; non ci si mette quindi in gioco, si preferisce aspettare… spesso troppo a lungo.